Capistrello
Caio Giulio
Cesare - 102-44 a.C. - visitò la città di Alba Fucens, già colonia romana dal
303 a.C.. Visitò il lago Fucino e si rese conto personalmente dei danni creati
dalle continue escrescenze delle sue acque. Fu sollecitato dai Marsi Fucensi a
trovare un rimedio per mettere fine a tale calamità già avvenuta al tempo di M.
Emilio e C. Ostilio.
Con a seguito degli esperti esplorò la valle del salto e
la gola di Capistrello oltre al fiume Liri, forse seguendo i tracciati in via
di progettazione. Dione Cassio asserisce che in un primo momento si pensava di
far confluire le acque del lago nel Fiume Tevere, realizzando un canale da
scavare nell'alveo del fiume Telonius - Imele - per oltre quaranta miglia,
gettandosi poi dentro il fiume Velino presso Rieti. Quest'ultimo unendosi con
il fiume Nera nelle cascate di Terni si sarebbe riversato nel Tevere. Una volta
a Roma Cesare dette inizio alla realizzazione di progetti per varie importanti
opere di vitale importanza.
Pensò all'impresa per il prosciugamento delle
pianure pontine, a quella di una strada che dall'Adriatico giungesse fino al
Tevere, quindi a Roma e poi quella di tagliare l'istmo di Corinto ed un'altra
importante realizzazione quella di un canale; 'L’emissario" per il lago
Fucino che livellasse costantemente le acque del lago stesso. Si parlava di un
canale oltre il fiume imele fino al Nera. Forse fu proprio questo progetto a
far pensare a Cesare la realizzazione della grande opera più idonea e meno
dispendiosa, quella per la gola di Capistrello.
Da credere a ragione che il
nuovo progetto era ancora da sviluppare e che proprio il suo successore
Ottaviano lo abbia fatto fare definitivamente. Svetonio dice che la morte
prevenne Cesare mentre questi progetti erano in fase di studio o di
realizzazione. Roma in quel tempo necessitava di continue attenzioni per le
continue calamità naturali, conseguenze di allagamenti per lo straripare del
Tevere. Tra tanti tecnici ve ne erano due a Roma i quali godevano della stima
di Cesare Ottaviano. Di meno fu quella di Tiberio suo successore e tanta
rivalità o gelosia suscitò in Narcisso, protetto di Claudio, come vedremo. Da
Caio Giulio Cesare a Cesare Ottaviano Augusto fino a Tiberio, nel suo tempo.
Durante il governo di Tiberio, ancora una volta il Tevere fu in piena per la
continua pioggia. Aveva allagato i luoghi bassi della città ed al ritirarsi
delle sue acque, lasciò devastazioni di cose e di uomini. Si discusse in senato
per iniziative di Lucio Arrunzio e di Ateio Caio Capitone giurista romano, se
per frenare le inondazioni del Tevere si dovesse deviare il corso dei fiumi e
dei laghi che lo alimentavano. Furono perciò ascoltati i rappresentati dei
municipi e delle colonie fra i cui i Fiorentini i quali pregavano che il Chiana
non fosse deviato dall'alveo consueto e trasferito nell'Arno.
Proteste simili a
queste esposero gli abitanti di Terni, i quali affermavano che sarebbero andati
in rovina i campi più fecondi d'Italia se il Nera separato in canali come si
progettava, vi avesse stagnato sopra con allagamenti. Non tacevano neppure i
Reatini che rifiutavano di ostruire il lago Velino che si getta nel Nera,
perché allora avrebbe dilagato per le terre circostanti. Alla fonte di tali
argomenti c'era il fiume Tevere il quale spesso arrecava lutti e pestilenze a
Roma. Da Tiberio fu dato l'incarico ad Ateio Capitone ed a Lucio Arrunzio di
provvedere a frenare lo straripamento del fiume, dopo averne discusso in
senato.
La discussione in senato avvenne entro i prmi otto anni di governo
dell'imperatore Tiberio segnati appunto dalla morte di Ateio Capitone, avvenuta
l'anno 22 d.C. Fu così che Lucio Arrunzio provvide da solo a mettere fine allo
straripamento del fiume Tevere ottenendo successivamente ampia fiducia per
l'incarico di realizzare l'acquedotto che dalle sorgenti di Riosonno portasse
l'acqua oltre il grande monte nei piani palentini mediante un cunicolo da
realizzre nelle viscere della montagna detta poi monte Arunzo, stesso nome
dell'acquedotto Arunzo e non Angizia.
Riflessione: Il detto non viene smentito: - L'acqua del fiume finisce in mare.- Pensate ad un acquedotto che porti l'acqua ad una città "santuario" che affonda le sue fondarnenta nel lago Fucino dalle acque salubri e medicamentose (esagerato) . L'opera di Arrunzio avrebbe dovuto incanalare l'acqua per dissetare le migliaia e migliaia di persone presenti per l'opera successiva, quella dell'emissario e non per altro motivo. Si pensi alla moltitudine di operai con a seguito delle proprie famiglie tutti raccolti in tanti agglomerati abitativi sparsi per ogni dove negli estesi piani palentini e presso le falde dei monti circostanti.
La stessa acqua in parte avrebbe dovuto
servire le famose pompe idrauliche di Ctesibio utili per il sollevamento di
materiali vari nei cantieri per l'opera dell'emissario. Non è da escludere la
realizzazione del progetto per l'emissario del lago Fucino eseguito dallo
stesso lucio Arrunzio e che per vicende di difficile interpretazione la stessa
opera non gli venne affidata. Per questo lavoro Claudio preferì Narciso avendo
a disposizione proprio i piani progettati anzitempo dallo stesso artefice
dell'acquedotto Arunzo, che tanto li legano alle costruzioni già realizzate nei
cunicoli con le stesse tipologie costruttive delle opere romane al tempo di
Lucio Arrunzio. Lucio Arrunzio era molto ricco, era un uomo onesto e giusto,
conosciuto ed onorato in Roma e provincia.
Era considerato dallo stesso Tiberio
il quale gli riconobbe le singolari doti per la vivacità dell'ingegno, per le
virtù e per la buona fama che godeva presso il popolo. Morì tagliandosi le
vene, e poco tempo dopo mori un suo estimatore, certo Sesto Papinio uno dei
probabili uccisori di Caligola imperatore morto a ventotto anni dopo soli
quattro anni di trono dal 37 al 41 d.C. Siamo quindi agli inizi dell'avventura
dell'imperatore Claudio lo stesso che dette inizio alla realizzazione
dell'opera dell'emissario per il lago Fucino affidando i lavori al suo amico di
tutt'altra competenza, a quel fomentatore di disordini e dissenzi che era
Narcisso usurpatore insieme al suo stesso protettore Claudio, delle sostanze
erariali dell'impero.
Per un uomo di ingegno, serio, onesto quanto pratico
quale era Lucio Arrunzo, il sopruso ricevuto non poteva che indurlo alla morte.
L'imperatore Claudio, Narciso e altri della combriccola, essendo i soli a
conoscere la realtà dei fatti, per proprio tornaconto, pensarono bene di tenere
nascosto il nome dell'autore materiale dei progetti. Così, ancora oggi il vero
autore "appare" ignoto, ma non l'acquedotto Arunzo in Capistrello. Capistrello
Medievale Capistrello antico, borgo
romano alle falde del copioso fiume Liri. Centro medioevale già con il nome di
"Capistrello".
Sede di una temuta dinastia baronale del circondario della quale, Simone e Crescenzio fratelli ne erano i rappresentanti. Feudalesimo; sinonimo di sottomissione, di prepotenza, di privazione, di crudeltà fatta di disumana oppressione del popolo tanto laborioso quanto indifeso, umile lavoratore dei campi. Torrì, Castelli e Fortificazioni per i padroni, tuguri per i sudditi. Cattedrali, chiese, monasteri, palazzi apostolici ed Abazie.
Circa sessanta e
più anni prima che venisse redatto il catalogo dei baroni dove i signori
Crescenzio e Simone venivano registrati come padroni di Capistrello non (Caput
Castrorum afflizione dal 1860) e di tanti altri castelli, una importante Abazia
dedicata a San Pietro principe degli apostoli esisteva già da tempo in
Capistrello, centro importante più di ogni altro del circondario. Oltre ad
essere residenza di governo di due potenti Feudatori, vi era una nutrita
presenza ecclesiastica.
Della Abazia menzionata in chirografi originali, se ne è ritrovata traccia anche in documenti custoditi nella curia vescovile di Avezzano. Come nasceva una Abazia. Occorreva innanzitutto l'intervento della Santa Sede e la presenza nel luogo di almeno dodici monaci e solo se il superiore di questi era una abate, il monastero poteva assumere il titolo di Abazia. Da questi due fattori descritti si desume l'importanza, la potenza e la grandezza di un luogo e parlando di Capistrello antico, questi forse (e dico forse) lo era. Il passato storico improntato sugli eventi romani, lo aveva reso rispettabile sotto ogni aspetto di vita e di urbanistica medioevale.(esagero per campanilismo; e' un argomento anche questo).
Come alcuni altri centri importanti quali quello di Civitella Roveto, Civita d'Antino, di Tagliacozzo, Avezzano, di Celano etc; Capistrello ebbe a subire avvenimenti nefasti per il suo aspetto cittadino: tanto per citare alcuni periodi riferisco che: Nel 572 d.C. , la Marsica e la Valle Roveto ebbero a subire il duro dominio di Faroaldo il Longobardo; il centro ed il territorio di Capistrello di allora, non venne risparmiato. Tra il 600 e il 700, la furia devastatrice dei Goti ridusse tutti i castelli ed i centri Marsicani ad un cumulo di macerie, già quasi rasi al suolo dai Longobardi.
Nel 937, gli Ungari saccheggiarono ogni bene e abbatterono i centri abitati del
territorio della Marsica. Nel 1190 Federico I° Barbarossa diviene Re di
Sicilia. A capo del contado del territorio di tutto l'Abruzzo, mise il crudele
Bertoldo di Konigsberg , il quale recò morte e saccheggi oltre ad abbattere
come una furia chiese e monasteri. Tra gli anni 1 190 ed il 1200, i castelli di
Gioia e di Templo appartenenti ai Baroni di Capistrello, si unirono in guerra a
Montagnano e Kamponisco altri due castelli, per porre fine alla prepotenza
Feudale.
Nel 1268 Capistrello ebbe a subire gravissimi danni dalle milizie del
vincitore della guerra tra Corradino di Svezia e Carlo D'Angiò, guerra che fu
combattuta nei piani palentini. Il paese, come altri centri, subì la parziale
distruzione del vincitore soltanto per avere dato asilo ai soldati avversari
sbandati. Nel 1361 le orde guerresche del terribile Francesco del Balzo duca di
Andria, abbatterono le rimanenti fortificazioni in tutta la Marsica.
Nel 1441, Giovanni Orsini oppressore e superbo, insieme al Cardinale di Taranto riuscì a riunire un esercito di diecimila uomini ed entrò in Abruzzo. Prese terre e castelli; incendiò case e beni della chiesa in quasi tutti i territori della Marsica. Prese Trasacco e incendiò tutto il territorio di Albe .
Non si salvò Capistrello, nonostante sborsasse già 30 once annue per la durata
di 37 anni, tributo che pagava come pensione a Giovanni Orsini imposto dalla
Regina Margherita. Nel 1480, Capistrello passa in feudo a Fabrizio Colonna. Non
bastarono le distruzioni dell'uomo; a queste si aggiunsero i terremoti i quali
si susseguirono sia pure a distanza di anni, sempre violenti nella nostra
terra. Nel 1349, il 7 di settembre un fortissimo terremoto distrusse vaste zone
abitate dall'Aquila alla conca di Fucino, dalla valle Roveto a Sora. Un altro terremoto scosse la terra della intera
Marsica; era l'anno 1456. Successivamente avvenne nel 1706. Il 10 Aprile del
1885, il territorio di Avezzano e d'intorni compreso quello di Capistrello,
tremo spaventosamente .Passano circa 7
anni, quando il 21 di gennaio un nuovo terremoto scuote paurosamente la
Marsica.
L'ultimo, il più tremendo avvenuto in questo secolo, il 13 gennaio 1915 i
centri della Marsica vennero colpiti gravemente, e molti furono distrutti. A
Capistrello avvenne di tutto, proprio come accadde durante gli avveni- menti
distruttivi dei secoli passati. Della rinomata rocca, elemento medioevale
eretta forse su fondamenta romane facente parte del castello di proprietà delle
famose baronie, non rimase che una parte al centro di quella piazza, proprio
nella cittadella del famoso Ricetto. La torre, parte di un insieme delle
fortificazioni è stata abbattuta definitivamente dalla avventatezza
"dell'uomo dal piccone facile".
Storia di Capistrello tratta dal libro- Melagrana Mistologica -di CRISTOFARO.
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